lunedì 29 aprile 2013

42nd and Park, Grand Central Station/ Part I

Se non fossi stata afona per aver cantato a squarciagola, urlato come una scema e bevuto molti mojiti alla mia festa di Laurea, si sarebbe certamente sentito un mio grido di gioia anche al di fuori delle mura di casa, il giorno in cui faccio il biglietto di sola andata per New York City. Ma avevo una laringite assurda, duratami per più di un mese, e che per un po' mi ha fatto pensare di avere ucciso le mie corde vocali a causa del mio modo di party wild, ma non é stato così: strillo ancora alla gente quando m'inca**o (sempre) e canto Adele, Rihanna e Beyoncé mentre corro sul tapis roulant.
Era la fine di dicembre, e avevo già iniziato da un po' le pratiche per ottenere il Visto statunitense. Ho preferito seguirle da sola, oltre che per imparare un po' la burocrazia americana, anche per risparmiare 2000 e più euriii di avvocato, dato che avevo deciso che, laddove avessi potuto, non avrei chiesto finanziamenti ai miei. Va be', superfluo dire che ottenere tutti i documenti per poter chiedere l'appuntamento in ambasciata non é un'operazione facile, né tantomeno veloce: in tutto, dalla prima email, alle certificazioni per posta, al ricevimento di altre certificazioni per posta, alle telefonate, ad altre email, al colloquio in ambasciata e al rilascio del visto ci sono voluti due mesi e tante rotture di. Chiedo scusa per il francesismo.
Nel mentre, alla gente che mi chiede cosa avrei fatto dopo la Laurea, rispondo sinceramente (ma restando un po' vaga, che l'invidia é sempre 'na brutta bestia e nella provincetta italiana va bene farti vedere serena, ma non bisogna azzardarsi a mostrarsi felici) che sarei andata a NY a fare un corso di cinema. Tra le domande, mi si chiede anche se avessi già trovato casa, e come. Sì, avevo trovato casa. Su internet. Non é stato molto difficile, ma neanche semplicissimo. Avevo usato craigslist.com (odi et amo, craigslist!), un famoso portale di annunci di tutti i generi. Scremando i vari: "offro appartamento a un dollaro al mese solo a ragazza carina, purché giri sempre in shorts e top aderente" (naturalmente non l'ho considerato perché avevo poche paia di shorts :-P ), ne trovo uno interessante. Stop: prima di trovare quello, avevo risposto a un altro advertisement, ma il tipo si era rivelato un pazzo, un fanatico cattolico che benediceva e parlava di religione in ogni email (e, voglio dire, l'argomento doveva essere l'affitto di una camera!). Un altro ancora, sosteneva che mi avrebbe inviato le chiavi per posta appena l'avessi pagato, ma appena gli comunico che non sono più interessata, mi telefona arrabbiato dicendomi di dargli i soldi. Sì sì, credici! Co****ne!
Inizia invece una corrispondenza per email tra me e tale D.D. Piacere, D.D. Si racconta: donna single di 40 anni, ex insegnante, stabilitasi a NY da 15 anni poiché lavora alle Nazioni Unite. Niente animali, non fumatrice. Piacere, Fujiko. Mi racconto anche io. Poi la donna mi descrive l'appartamento e mi manda le foto. La casa é carina e dispone di due bagni -per cui ne avrei un per me- e la camera é accogliente. Accesso wi-fi. Io le chiedo la disponibilità, il prezzo e il contratto. Siamo d'accordo. Mi manda in allegato la fotocopia della sua carta d'identità e una copia del contratto d'affitto, che traduco ed esamino. Non ci sono clausole particolari o punti su cui non sono d'accordo. Confronto i dati del documento con quelli forniti nelle email passate, e noto che il giorno della data di nascita é diverso: aveva scritto il 7 maggio quando in realtà era il 27 maggio. A parte quello, tutto ok. La cosa più bella del mio futuro appartamento, però, é che si trova a un paio isolati da Times Square, al super super centro dell'ombelico del mondo.


Imperdibile! L'indirizzo é nella 42esima strada, all'incrocio con Park Avenue. Non riesco a identificare bene il palazzo, perché risulta quasi attaccato al Grand Central Station, la stazione ferroviaria di NY tanto vista nelle commedie romantiche e nei film natalizi. Il prezzo dell'appartamento, in più, é molto accessibile. Accessibile non significa bassissimo, ma almeno sarei potuta stare in pieno centro per i primi mesi riuscendo a pagare il tutto da sola. Ok, firmo il contratto già precedentemente firmato da D.D.
A quel punto, lei mi dà le coordinate bancarie per il pagamento della prima mensilità e della caparra (circa 2500$). Mi anticipa che i miei soldi andranno direttamente al suo contabile, la quale é inglese e ha il conto a Londra, per cui mi costeranno ancora meno le spese di commissione. Pago.
Pochi giorni dopo sono a Roma, all'ambasciata americana. Mi accompagna mia madre, che però non può rimanere accanto a me neanche fuori per fare la fila, perché é vietato. Vietato l'uso di cellulari, anche all'esterno. Mia madre mi osserva dall'altro lato della strada, poi spalanca gli occhi e cerca vistosamente di indicarmi qualcosa, con scatti del collo e indicando qualcosa con il dito. Sono concentrata su quello che dovrò dire all'agente che mi esaminerà, per cui all'inizio la guardo con la fronte corrucciata: non capisco. Poi mi volto. A fianco a me, spalla contro spalla, c'é Christian De Sica. Anche lui é serio, anche lui dovrà convincere qualcuno, come me. Non gli chiedo niente, non lo saluto, non lo disturbo. E penso anche io ai fatti miei, anche se lo ritroverò accanto a me per tutta la mattina, dato che ci hanno fatti entrare contemporaneamente. Il mio colloquio va bene e l'agente, tipico americano con pancia e baffi annessi, é stupito che io, italiana e giovane, voglia cercare di andare avanti senza chiedere il 100% del sostegno economico ai miei. La considero una visione un po' ridotta della mentalità italiana, anche se non del tutto sbagliata. I miei avrebbero potuto "mantenermi" al 100% a NY, ma mi ero appena laureata, avevo lavorato come modella e hostess nell'ultimo anno, e in più avevo vinto una borsa di studio per merito. Dato che potevo fare un po' da me, perché no? Cooomunque...
Ultimo passo in Ambasciata con un'impiegata italiana, a cui avrei dovuto lasciare il passaporto in attesa del visto, che poi mi sarebbe stato spedito per posta. De Sica era allo sportello di fianco al mio. L'impiegata, leggendo lo scopo della mia permanenza, esordisce con un: <<Be', stai andando a NY per il cinema e c'hai a fianco De Sica! Per me vuor dì quarcosa!>> Adoro il suo accento. Non avevo pensato a questo "segnale dell'universo", ma le rispondo con un sorriso.
Torno a casa e dopo qualche giorno arriva il passaporto: Ho il visto americano!!!! YEEEEAH! (Nel frattempo mi era tornata la voce e ho potuto fare il mio gridolino di gioia).
Do la buona notizia all'Accademia in cui avrei studiato, e confermo a D.D. il mio arrivo in meno di una settimana. D.D. mi risponde in modo un po' evasivo. Il giorno dopo mi chiede se sono sicura di avere fatto il bonifico, perché al suo commercialista non é ancora arrivato nulla. Cerco immediatamente: la mia operazione é andata a buon fine, e le invio la ricevuta per email. Iniziano a salirmi dei dubbi, ma non gli do troppo peso, impegnata come sono con i preparativi. Dopo avere atteso qualche giorno, scrivo ancora a D.D. , che nella precedente email mi aveva confermato che il pomeriggio del mio arrivo sarebbe stata in casa. Ma stavolta non mi risponde. I miei iniziano a preoccuparsi; anche io sono tesa, ma li rassicuro.
Arriva il giorno della partenza: tanti abbracci e bei discorsi. Dall'Italia arrivo a Dublino, dove passo un paio di giorni in compagnia di vecchi amici. Continuo a scrivere a D.D., ma niente. Zero. Nessuna risposta. Ca**o. La sera prima di partire, segno nel cellulare 5 indirizzi e numeri di telefono di alberghi vicini alla mia presunta abitazione, per evitare di girare a vuoto nel caso non avessi trovato niente. Vado a dormire-mi sveglio-aeroporto-controlli di sicurezza-attesa-controllo dei documenti-attesa-controllo del visto-questionario con un ufficiale-foto del volto e screening delle impronte digitali-metal detector-controllo-imbarco (con il fiatone dopo 2 ore di corse).
Il viaggio dall'Irlanda agli Stati Uniti é veloce, alleggerito da una coppia texana seduta accanto a me e che non smette di bere Jack Daniel's. Che emozione vedere l'aereo atterrare sulla Grande Mela per la prima volta! Arrivo al JFK, aspetto i bagagli, esco a prendere il taxi con le mie tre valigie al seguito. Entro nel yellow cab: <<42nd Street and Park Av., please>> e accendo il cellulare: nessuna telefonata di D.D. Provo a chiamarla; il telefono squilla ma non risponde nessuno. Il tassista é indiano e ha la faccia arrabbiata. Io sono emozionata e preoccupata al tempo stesso. Telefono velocemente ai miei, gli dico che sto bene e che sto andando a casa. Guardo il mondo nuovo che mi circonda, e a stupirmi di più é un enorme, gigantesca serie di lapidi. Dalla superstrada stavamo attraversando un cimitero, silenziosa metropoli dei morti prima della caotica metropoli che non dorme mai. Il tassista esprime perplessità sull'indirizzo esatto che gli fornisco. Le sue perplessità sommate alle mie paure si realizzano nel momento in cui raggiungiamo la destinazione: non c'é niente, solo un muro. E' il mio primo giorno a NY, non conosco nessuno, ho 6 ore di fuso orario e tanta stanchezza addosso, e sono senza casa. Il tassista esce per accertarsi che non vi siano citofoni nascosti. No, non ce ne sono. Abbasso lo sguardo, rassegnata.
...Ma NY é bellissima...
 Cerco gli indirizzi degli alberghi trovati, e ne fornisco uno al conducente, che é nervoso quasi quanto me (forse teme che non intenda pagarlo). Arrivo davanti all'hotel, chiedo se ci sia disponibilità di camere. Ok, stanotte ho un posto per dormire. Torno a prendere i bagagli e a pagare il tassista. Scoprire la verità mi é costato 50 dollari, 45 fissi dal JFK a Manhattan, più 5 di mancia.


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