mercoledì 5 giugno 2013

Le Souk

Prima di finire la storia dell'Artista di Strada, mi piacerebbe raccontarne un'altra. Fujiko è diventata una cinica ladra d'emozioni perché qualcuno si è prima appropriato delle sue. Così, tra le volutamente asincrone sfumature di truffa, includerò una delle prime che ebbi ricevuto. Ero piccola, ma la truffa fu grande perché mi rubò qualcosa di molto prezioso.
 
Sono in Tunisia con la mia famiglia, un breve viaggio fatto durante il mio ultimo anno delle medie. Figata(!), mi perdo giorni di scuola senza bisogno di marinarla, e in più sto in un albergo a 5 stelle con piscina, immergendomi oltre che nell'acqua colorata anche nella storia e nella cultura di quello che è stato uno dei più grandi popoli del mediterraneo: i cartaginesi. Visito le rovine di antiche città-musei-salgo sul cammello-tuffo in piscina-cena in ristorante-escursione nel deserto-tuffo in piscina-tatuaggio henné sulla mano-tuffo in piscina. A dire la verità di tutti questi tuffi in piscina un po' mi vergogno perché ho ancora zero tette, ma va be'. È l'adolescenza!
Ricordo di quel falconiere che mi ha fatto tenere un rapace sul braccio, tra le vie di un villaggio del Sahara che non ricordo più. Ma rammento quel falco, e che ero a disagio nel farmi fotografare con il volatile; ricordo che con quelle zeppe che usavo ero "giàpiùaltadimiamadre", e che mia madre impedì a una banda di ragazzi di toccarmi il c**o mentre passavamo per una di quelle vie.
Che buono il profumo dell'henné!
In Tunisia si parlano l'arabo e il francese, e io ero contenta perché il francese lo sapevo!
Ma in realtà ciò a cui pensavo di più era la mia città, che mi mancava tanto ( ma perché? Fa schifo!), le mie amiche a cui avrei mostrato l'abbronzatura e il tatuaggio non permanente, e soprattutto L, che mi piaceva tanto, a cui avrei voluto dare un bacio. Quando si è così piccoli ci si lega a delle cose altrettanto piccole e spesso non si riescono ad apprezzare quelle grandi! Ma che scema! Adesso andrei in vacanza di continuo!

Una sera, in una città di cui la mia mente si ostina a dimenticare il nome, vado in giro con la mia famiglia per il Souk, uno dei famosi e bellissimi mercati arabi, pieno di colori, odori, frutta secca disposta a piramide e incantatori di serpenti. È l'ora del tramonto e c'è ancora caldo. Stiamo per tornare a casa, ma mio padre mi chiede di accompagnarlo in un negozietto scavato nella pietra dove si vendeva pentolame in ceramica. Accetto. Siamo solo noi due. Il negozietto si trova vicino all'uscita del Souk, su una salitina. Entriamo...
...
Mio padre, che chiede indicazioni su alcuni oggetti, viene allontanato da un signore più anziano. Io rimango sull'uscio, in attesa. Alla mia destra, in ombra, un uomo più giovane è seduto su uno sgabello. Guarda mio padre, poi mi squadra, mi osserva, mi prende per un braccio e mi tira davanti a sè. Lì la conoscenza del francese mi è servita ad eseguire i suoi ordini. Mi chiede il nome: Fujiko. Mi dice di dargli un bacio sulla guancia. Rimango bloccata, ma mi intima di farlo scrollandomi per il braccio. Lo bacio sulla guancia. Lui ne approfitta per stringermi a sè, usando l'altra mano per ravanare tra le mie non-tette. 
Puzza. Ha un fetore specifico, che ancora ricordo nitidamente, a differenza della sua faccia e di tutto il resto, che al contrario è come se si sia piegato su se stesso, deformandosi. Ma quell'odore è ancora vivo nella memoria: sa della diarrea di cane che avevo calpestato in Marocco qualche anno prima. Esatto, sa  
proprio di quello. 
L'uomo puzzolente mi tiene bloccata -i i colleghi ci schermano- e con le mani luride si intrufola nei miei jeans attillati e quindi nelle mie mutande, prima dietro e poi...davanti.
Quanto tempo è passato? Troppo.
Torna mio padre, ignaro di tutto. Sono sotto shock, e in più mi vergogno. Lui nota che c'è qualcosa di strano, e mi dice di andare. Mi fa strada. L'uomo prima mi lascia, poi mi segue tirandomi indietro sempre per lo stesso braccio, e infila per l'ultima volta la mano dentro gli slip. Poi mi lascia andare.

Perché non se n'è accorto nessuno? Ha fatto così perché avevo i pantaloni attillati? Ma io, io ho solo 13 anni! Perché i miei genitori non dicono niente? Non hanno visto! 


Torniamo all'hotel con il trenino turistico della nostra compagnia. 
Quando sono nella mia stanza, non riesco a sentire altro che l'odore della diarrea di cane che avevo calpestato anni prima in Marocco.
Ma sono io che puzzo così! Sono i miei jeans, le mie mutande, il mio corpo! 
Mi faccio una doccia.
Mi faccio un'altra doccia.
L'odore rimane. 
Mi faccio un'altra doccia ancora.
Vado a dormire. Ho un segreto da nascondere.

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