martedì 30 aprile 2013

42 and Park, Grand Central Station/ Part II

La camera dell'hotel, gestito da sudamericani, é molto accogliente e pulita; il bagno decisamente bello. Non riesco tuttavia ad essere entusiasta: sono senza casa, dovrò ricominciare da zero da sola, dall'altra parte del mondo. Cerco di non disperarmi, anche perché la fame si fa sentire (non mangio mai in aereo, neanche nei voli transatlantici), e allora esco a fare un po' di spesa per avere in camera il cibo necessario per la sera e la mattina seguente. Mi basta una boccata di 15 minuti di NY per dimenticarmi la condizione in cui mi trovo: sto facendo la spesa sulla Lexington! Sono a Midtown East, il cuore di Manhattan, cuore della Grande Mela, ombelico del mondo! Ancora non sapevo quante altre volte sarei passata per quegli isolati, e quante volte avrei riconosciuto con un sorriso il primo fast food in cui ho consumato il mio primo pasto newyorchese...tante...
Torno in albergo. I muri dei corridoi sono decorati in stile street art, divido l'ascensore con una scolaresca. Entro in camera. Sorseggio Coca, prendo il mio adorato Mac e scendo nella hall, dove mi connetto al wireless e sento i miei genitori, avvisandoli dell'accaduto. Sono molto preoccupati, chiaramente. Cerco di rasserenarli raccontandogli le mie prime impressioni sulla city.
Non é ancora sera, ma sono in piena fase jet lag. Mi butto sul letto della stanza, e chiamo il mio ex ragazzo/friend with benefits/amico. Piango. Mi consola. Mi addormento. 8.00 pm.
6.00 am: mi sveglio. Leggo i messaggi di lui sul telefono, mi ricordo cosa mi aspetta, mi alzo. 
-Da tantissimi anni, la prima cosa che faccio quando esco fuori dal letto é aprire la finestra e guardare fuori.- Mentre mi accingo a farlo, scatta la radiosveglia che avevo pre-impostato la sera prima. La canzone é "Fucking Perfect" di Pink. E proprio mentre apro le tende...Pretty Pretty please, don't you ever ever feel/Like you're less than, less than perfect...e vedo grandi fiocchi di neve cadere su New York...Pretty Pretty please, if you ever, ever feel/Like you're nothing, you are perfetct/To me...
Che spettacolo! Era lei, che mi parlava? Sei forse tu, New York? Non lo so, ma mi commuovo. Mi preparo, esco e prendo un taxi per 100th, Union Square, la sede della mia Academy. 
Giunta lì, chiedo della mia rappresentante italiana, ma é in vacanza. Spiego allora quanto successo alle altre persone degli uffici, che mostrano grande comprensione e si preoccupano di aiutarmi con il loro servizio di housing. Addirittura, una delle segretarie mi dice che la sua coinquilina si trasferirà in meno di due settimane, e che nel caso in cui per quella data non riuscissi a trovare una sistemazione, avrei potuto vivere con lei. Mi parlano infine delle insidie di craigslist, e mi considerano una delle tante vittime di truffa (che cubo!) Bene, li ho avvisati, e ci promettiamo di tenerci in contatto anche prima dell'inizio dei corsi. In realtà tenevo ad informarli della mia condizione soprattutto per il mio Visto, dato che nei controlli USA risultavo essere domiciliata tra la 42esima Strada e Park Avenue. Per loro non ci sono problemi: una volta che troverò casa, dovrò semplicemente comunicarglielo e loro provvederanno al resto.
Sulla via del ritorno in hotel, faccio fermare il tassista in altri due alberghi tra quelli che avevo segnato nel telefono, dato che la mia stanza risulta prenotata per la notte successiva e devo fare il check out entro qualche ora. Ne visito uno in più, suggerito dallo stesso tassista perché economico. Mai l'avessi fatto! Il receptionist egiziano, molto gentile, mi accompagna a vedere la mia eventuale stanza, che mi ricorda molto quelle che si vedono su Hotel da Incubo con Gordon Ramsay: dormendo lì avrei avuto paura che da un momento all'altro un'orda di blatte bucasse la moquette squallida e si intrufolasse nel mio letto mentre dormivo. <<Ok, prendo le valigie e torno!>> in realtà pensavo: "Ma anche no." 
Opto per uno degli alberghi che avevo trovato su internet, quello su Madison Avenue. Nel tragitto verso la futura destinazione chiacchiero con l'autista americano di origine senegalese, il quale mi informa che quel giorno é un festivo: é il President's Day. 
La mia nuova stanza, una matrimoniale ancora più grande della precedente, é al 13esimo piano. Non molto per NY, ma abbastanza per me, in quel momento. Dopo essermi sistemata, esco: vado sulla 5th Avenue, entro nella National Library, e da lì giro verso Times Square. 
 Un paio di persone mi fermano per complimentarsi con me sulla scelta del cappello (c'é freddissimo e sono vestita da bolscevica), mangio al Mc Donald's , compro un po' di cibo per la serata e torno in albergo, dove mi addormento nuovamente alle otto di sera (Il jet lag non mi abbandonerà per una settimana). La mattina mi sveglio più "rilassata", perché ho prenotato la mia stanza per altre due notti, e quindi per quel lasso di tempo avrò un posto in cui dormire. Faccio colazione e mi siedo casualmente in un tavolino con una giovane coppia italiana in viaggio di nozze. Chiacchieriamo. Mi sento meno sola.  Passo la giornata tra le boutique della 5th avenue, soffermandomi particolarmente su Tiffany (ovvio, dai!) Da lì poi entro a Central Park, per la prima volta. Non voglio dilungarmi a descriverne la bellezza, ma chiamo mia madre e gliela racconto. Lei é contenta, e mi dice di godere di ogni istante della mia esperienza. Mi siedo davanti a un laghetto, ammirando il paesaggio fatto di natura e palazzi d'epoca dell'Upper East Side. Sulla mia stessa panchina é seduto un uomo sulla sessantina. Pare un fotografo. Mi si avvicina e inizia a parlarmi gentile, mi fa qualche domanda. Io dico poco, ma sembra che lui conosca tutto di me. Chi é? Perché é qui? Perché é qui e mi parla? Perché é accanto a me e mi spiega cosa fare per realizzare i miei sogni, che conosce senza neanche sapere chi sono? Uno sconosciuto che nella realtà mi racconta le mie fantasie. Mi dice che si avvereranno. Mi incoraggia. Se ne va.
Sembrava lì per me...
Dopo avere scoperto con mia somma gioia che a NY non posso usare il mio bancomat che lavora su un cavolo di circuito italiano scarsissimo [e dovendo quindi utilizzare la carta di (succhia) credito per qualsiasi operazione di prelievo o di pagamento] torno in albergo. Sento i miei, sento il mio ex ragazzo/friend with benefits/amico. Cerco casa, guardo la tv, guardo NY dalla finestra, ammiro l'Empire, posto "New York New York" di Liza Minnelli su fb, vado a dormire. Mi sveglia un sms della banca che mi dice che sulla mia carta di credito é stata addebitata dall'albergo il doppio della cifra che ho pagato per le notti prenotate. Inca***ta, scendo alle reception, dove mi si spiega che si tratta di una cauzione che mi sarà riaddebitata nelle 24 ore seguenti il mio check out. Ok, torno a dormire. CA**O.
La mattina mi chiama mia madre con una splendida notizia: la "sorelladellacognatadisuasorella" vive a New York in una casa gigante a Midtown. Era molto ricca, ma poi il marito si é ammalato e lei, senza lavoro, da un po' di tempo affitta alcune camere della sua townhouse ai turisti italiani. Mi dà suo numero di telefono. Splendido. La chiamo dall'albergo e ci mettiamo d'accordo per un appuntamento in giornata. La casa é così vicina che posso raggiungerla a piedi. Mi soffermo a guardare le vetrine del museo del sesso e dei numerosi negozi di parrucche che trovo nel primo paio di isolati. 
Suono al campanello. Mi apre M., alta e sorridente, che conserva nei tratti la bellezza della gioventù. M. ha 3 cani, 4 figli e un marito. Davanti a un caffé mi spiega che quest'ultimo é un malato terminale di cancro, e che i medici le hanno detto che morirà entro un paio di giorni. Nonostante il dolore che sta vivendo, mostra tanta umanità e comprensione nei miei confronti. Si mobilita per mettermi in contatto con un suo amico poliziotto, al quale racconto la mia vicenda e che mi consiglia di procedere legalmente per truffa su internet. 
La casa di M. é una reggia su 5 piani, e quella che 24 ore dopo diventerà la mia stanza é al secondo e dà sulla strada. Queen size bed e bagno privato. Fantastico! Saluto e ringrazio M. Mi trasferisco da lei l'indomani perché ho pagato l'albergo per un'altra notte, e perché voglio dare il tempo alla famiglia di organizzarsi. 
Moving in! Sono a casa!
Neanche il tempo di disfare le valigie, che avviene la preannunciata morte del marito di M. Assisto al crollo della famiglia cercando di essere al tempo stesso discreta e presente. Intanto, avvio la denuncia in Italia con la polizia postale, tramite i miei genitori. Esaminano le email con D.D. Si tratta di truffa belle e buona, ma non si può procedere oltre: non si possono mobilitare forze e poteri internazionali per 2000 dollari. Li ho dati ai miei truffatori, e li ho persi. Forse anche la vera D.D. é stata una vittima di quegli str***i. Forse adesso utilizzeranno il mio passaporto per rubarmi l'identità e mentire ad altre persone, che penseranno che sono una grandissima str***a. Questa é la vita. Caso chiuso. 
Adesso vivo a New York City. Let's make money and live our life.
Grazie, M. 





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